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Nel cuore di Triora troviamo un antico forno, ben conservato ed anche allestito con una ricostruzione ambientale. Esso ci rimanda al pane: la principale fonte di sopravvivenza dell’uomo. Non sempre fatto di farina, ma a Triora, "granaio di Genova", più spesso fatto di frumento che di altri cereali. La produzione del pane, nella civiltà contadina, seguiva un tracciato molto diverso da quello a cui siamo abituati. Generalmente, ogni famiglia si impastava il suo. Si procurava la farina, e produceva la forma. Poi si trattava di infornarla, ed allora entrava in campo il forno "collettivo" (ma a gestione privata). Ovviamente si correva il rischio che le pagnotte potessero essere confuse. Ecco, allora, che ogni famiglia "segnava" il pane con un proprio particolare simbolo, in modo che, dopo la cottura, non ci potessero essere dubbi sull’appartenenza. La funzione del forno era evidentemente molto importante, tanto è vero che venne regolata dallo statuto delle comunità, che recita all’articolo 67: "I panettieri e le panettiere, ossia i fornai e le fornaie, devono cuocere bene il pane e le astrochee ossia, come si dice volgarmente, le torte e le focacce che verranno portate ai loro forni, contando prima i pani che vengono portati dalle singole persone, e restituendoli ben cotti e nel numero consegnato. Chi avrà mancato paghi trenta soldi di ammenda per ogni volta e risarcisca il danno al triplo; per il quale si creda a quanto avrà giurato il proprietario del pane, ovvero qualcuno della sua famiglia che abbia compiuto i quattordici anni, e purché l'uno e l'altro godano buona fama. A ciò non deroga quanto fosse detto in altro capitolo. Metà della multa va al Comune, e metà al denunziante".

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