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Pieve di San Martino

Inerpicandosi per la via che da Seravezza conduce ad Azzano, in località La Cappella si trova la pieve di San Martino. Rivolta verso le cave di marmo del Monte Altissimo, ben conosciute da Michelangelo, e affacciata sulla valle del torrente Serra, con il mare in lontananza, la pieve offre uno degli scorci più suggestivi di tutta l’alta Versilia.
Inerpicandosi per la via che da Seravezza conduce ad Azzano, in località La Cappella si trova la Pieve di San Martino. Rivolta verso le cave di marmo del Monte Altissimo, ben conosciute da Michelangelo, e affacciata sulla valle del torrente Serra, con il mare in lontananza, la pieve offre uno degli scorci più suggestivi di tutta l’alta Versilia. In antico dotata di un portico distrutto dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che la tradizione collega alla presenza in zona dello stesso Michelangelo – ma realizzato da Donato Benti nel 1538 – la chiesa è attestata con sicurezza solo alla fine del XIII secolo, quando ottenne la concessione del fonte battesimale, ma un edificio religioso era probabilmente presente nella zona almeno fin dal secolo VIII, quando è attestato il toponimo “Capelle”. Nonostante i numerosi interventi di modifica realizzati nel corso dei secoli, possono essere ben riconosciute nell’edificio le caratteristiche di monumentale semplicità proprie dell’architettura romanica lucchese. Ancora oggi è affiancata, in posizione leggermente ribassata e raggiungibile tramite un antico sentiero lastricato, da un oratorio, con dedica all’Annunziata, di cui restano in piedi solo le mura. La Pieve di San Martino ha pianta rettangolare a tre navate senza transetto con tribuna quadrangolare. Le navate sono divise da arcate a tutto sesto impostate su colonne; le navate laterali sono coperte con volte a crociera, mentre la navata centrale e la tribuna hanno entrambe copertura voltata a botte. Il pavimento, seicentesco, è a riquadri bianchi e neri – tranne nel coro, sopraelevato, rivestito di lastroni di marmo bianco – e ospita numerose tombe terragne con lapidi sepolcrali scolpite. All’esterno la chiesa termina senza abside – gli spazi di risulta dati dalla presenza all’interno della tribuna sono occupati dalla sagrestia e da un locale di servizio - e la facciata a salienti rispecchia fedelmente la suddivisione interna degli spazi: ne risulta un edificio imponente, la cui armonia viene accentuata dal liscio rivestimento in marmo bianco. Resta in facciata l’arcata destra del portico cinquecentesco. La massiccia torre campanaria si eleva isolata e non perfettamente in asse con la chiesa nella parte destra del sagrato. La Pieve di San Martino è dipesa dalla diocesi di Luni fino al 1789, quando venne assegnata alla diocesi di Pisa. È del 1299 il primo documento riferibile con certezza alla Pieve di San Martino, a questa data quindi già edificata: in quell’anno infatti gli abitanti della zona chiedono al vescovo lunense Antonio il beneficio del fonte battesimale e l’indipendenza dalla Pieve di Vallecchia, motivando tale richiesta con l’impossibilità logistica di raggiungere nella stagione invernale la chiesa madre, troppo distante. Il toponimo “Capelle” viene peraltro già riferito a questa zona in documenti dell’VIII secolo, testimoniando l’esistenza di un luogo di culto. Nei primi decenni del XVI secolo vengono aperte le vicine cave del Monte Altissimo: il comune le dona alla Repubblica Fiorentina e Cosimo I invia nella zona Michelangelo per curare l’approvvigionamento di marmi per l’intervento dello stesso nella chiesa fiorentina di San Lorenzo. Proprio in questi anni viene realizzato dal fiorentino Donato Benti il portico antistante la facciata. Nel 1944 una bomba colpisce il campanile: se ne staccano alcuni massi che, cadendo sul portico, ne determinano la parziale rovina. A guerra conclusa gli abitanti, preoccupati della stabilità di quanto rimasto in opera, provvedono al completo smantellamento, ricoverando in una zona retrostante la chiesa i materiali rimossi. Nella Pieve di San Martino, unica testimonianza dell’arredo dell’edificio medievale, si conserva un capitello trecentesco con protomi umane reimpiegato come acquasantiera, collocato a fianco dell’ingresso laterale di sinistra. Probabilmente contemporanei sono i frammenti di affresco recentemente emersi nella parete in cui si apre la zona presbiteriale, resti di una decorazione ben più estesa. Nel 1971 la Soprintendenza di Pisa ha dato avvio ad una campagna di restauri che ha provveduto a sostituire la copertura a tegole marsigliesi della navata centrale con lastre di rame ed ha rifatto gli intonaci interni in modo da lasciare scoperti alcuni brani della muratura dell'edificio medievale, oltre che frammenti di affreschi scoperti in quell’occasione. Già allora venne avanzata l’ipotesi di ricostruire il portico cinquecentesco utilizzando il materiale ancora conservato della costruzione originaria, benché buona parte degli elementi decorativi fosse stata derubata nel corso degli anni. Il progetto venne accantonato perché ritenuto troppo invasivo. È però attualmente in corso un intervento di restauro, già approvato dalla Soprintendenza competente e in via di finanziamento, di cui si prevedono quattro fasi: nella prima, già realizzata, è stata rivista la copertura della navata centrale e restaurato il sagrato; nella seconda si completerà il consolidamento della copertura; nella terza si prevede di ricostruire il portico; nella quarta ed ultima si provvederà a coprire l’Oratorio dell’Annunziata.
Seravezza
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