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Area archeologica Cento Fattorie Romane della Piana di Lucca

Situata sulle sponde del basso corso dell'Auser, antico nome del fiume Serchio il cui corso è stato modificato innumerevoli volte nel corso dei secoli, l'area archeologica delle Cento Fattorie Romane della Piana di Lucca conserva consistenti resti di insediamenti rurali di età romana, edificati nel II secolo a.C. e occupati fino all'età tardoantica. Sulle sponde opposte dei diversi rami del fiume infatti nacquero decine e decine di insediamenti etruschi e romani con le strutture connesse (strade, ponti ecc..). Gli scavi hanno permesso di ritrovare molte testimonianze di queste epoche: oggetti di vita quotidiana (monete, lucerne, vasi, gioielli di oreficeria etrusca ecc.) e strutture in muratura (silos per granaglie, pozzi).
Il rilievo scientifico dei ritrovamenti è notevole. Si è dimostrato ad esempio che, nella prima fase del periodo romano (fino almeno al 30 a.C.), gli abitanti vivevano di viticoltura quando si era sempre pensato che il vino arrivasse dalla Campania o dal Lazio. Le indagini archeologiche hanno inoltre individuato tracce di precedenti fasi insediative. In particolare, resti di un villaggio dell'età del Bronzo con testimonianze di fitti commerci con la Padania. Dal VI secolo d.C. in poi la Piana fu occupata da un lago di estensione variabile, il cosiddetto Lago di Sesto o Bientina, che nascose per secoli gli insediamenti archeologici del territorio. Da documenti d’archivio del 1500, 1600 e 1700 sappiamo che la gente del posto, nelle giornate in cui l’acqua era più limpida, vedeva un po’ dappertutto dei ruderi tanto fitti da far nascere la leggenda di una città di Sextum. Dal 1850 circa, con la Bonifica granducale, il lago fu prosciugato e i resti apparvero nella loro interezza ma non ci si rese conto di cosa si trattasse. Racconti popolari affermano che fino agli inizi del ‘900 si andava a fare merenda all’interno di ruderi di epoca romana che si elevavano ancora per tre o quattro metri. Purtroppo l’azione del tempo e dell’uomo ha demolito questi resti, ma di almeno un centinaio di queste ‘fattorie’ o insediamenti di epoca romana siamo ancora in grado di leggere la planimetria. DaI punto di vista archeologico i primi ritrovamenti nel bacino del Bientina avvennero alla fine dell’800 e furono seguiti da decenni di un’archeologia frutto di volontariato appassionato. Una fase “pionieristica” che si è chiusa all’inizio degli anni ’80 del Novecento quando prese il via un’archeologia “regolare”. Dal 1980, grazie alla crescita della sensibilità per il patrimonio archeologico, la Soprintendenza B.A.T. conduce un’intensa ricerca scientifica e di valorizzazione del patrimonio archeologico del territorio che si affianca a un volontariato appassionato e preparato. Dagli anni 2000 il Forum Unesco, la Provincia di Lucca e i Comuni della Piana promuovono attività di ricerca archeologica nell’intero bacino del Bientina attraverso Campus universitari internazionali. In particolare le ricerche si sono concentrate su due siti chiamati Fossa Nera A e Fossa Nera B. FOSSA NERA A: Lo scavo nel sito di Fossa nera A, in età antica posto sulla sponda sinistra del basso corso del fiume Auser, ha portato in luce le tracce di un'abitazione rurale tardorepubblicana che nasce nel 150 a.C. e termina la sua vita intorno al 400 d.C.. Le indagine archeologiche hanno permesso di identificare anche tracce di precedenti fasi insediative; in particolare, resti di un villaggio dell'età del Bronzo e di un abitato etrusco del V secolo a.C. L'insieme dei materiali documenta una lunga frequentazione del sito, dalla media età del Bronzo fino al periodo di transizione tra età del Bronzo recente e finale. I resti dell'abitato etrusco, benché in gran parte compromessi o comunque scarsamente definibili a causa delle successive edificazioni di epoca romana, risalgono al periodo di massima occupazione del basso corso dell'Auser da parte degli Etruschi, tra la fine del VI e il V secolo a.C.. L'edificio tardorepubblicano, i cui resti sono attualmente visibili nell'area archeologica, è a pianta quadrata con muri in pietre parzialmente sbozzate; ha l'ingresso ad est ed un ambiente rettangolare annesso sul retro. A partire dall'età augustea, la fattoria viene ristrutturata e progressivamente ampliata, con la costruzione di un'ala rettangolare verso sud-est, grandi aie pavimentate a laterizi ed il pozzo. Ulteriori ristrutturazioni e ampliamenti sono documentati infine per l'età tardoantica, con numerosi reperti che ne attestano ancora la consistente occupazione. FOSSA NERA B: La fattoria di Fossa Nera B, distante un centinaio di metri verso sud da quella di Fossa Nera A, in antico sull'altra sponda dell'Auser, è stata oggetto di numerose campagne di scavo nel 1999 e – sotto l'egida del Forum Unesco – dal 2000 al 2005. Gli scavi hanno consentito di valutare in modo puntuale consistenza ed estensione dell'area archeologica, con l'accertamento dello sviluppo planimetrico, della funzione e destinazione dei numerosi ambienti interni e la cronologia delle fasi di vita (l'area di interesse archeologico si è via via ampliata fino ad oltre 1000 mq.), riconducibili sostanzialmente a tre importanti momenti: la fondazione (a cavallo del 180 a.C.), la ristrutturazione (intorno al 30 a.C.), l'abbandono (150 d.C.). A grandi linee, la fattoria è un grande rettangolo di circa 900 mq, con un ampio cortile su cui si affacciano i vari ambienti. La parte destinata ad abitazione occupa la zona settentrionale, leggibile nella destinazione d'uso dei suoi vani: la sala 'di rappresentanza' (con un pavimento composto da uno statumen in ciottoli di arenaria giustapposti e legati al tetto da cocciopesto con inserti di diaspro rosso e nero); la camera da letto (con un pavimento di tessere in laterizio); la zona cucina (laterizi refrattari) accanto ad un vano che ha restituito numerosi pesi da telaio; un cortile-impluvium centrale su cui si affacciano gli ambienti suddetti; un vano destinato a magazzino ed uno, probabilmente, ad uso 'commerciale' (pesi da stadera e da bilancia). I restanti tre quarti del complesso verso sud sono invece a chiara vocazione 'operativa' e suffragano la definizione di 'fattoria' cioè una vera e propria azienda agricola autosufficiente. Ai lati di un ampio cortile a cui si accede da sud sono dislocati ad est: una sala con ampio focolare per l'affumicatura delle derrate; una enorme sala occupata dal basamento di un 'torcular' notevole per dimensioni (pressa da olio o da vino); un vano con i resti di una fornace. Ad ovest: probabili resti di piccoli vani adibiti a stalla e una serie di strutture che testimoniano della presenza di almeno due grandi palmenti per la lavorazione del vino con i rispettivi bacili di raccolta. La piana compresa fra l’estremo lembo della campagna lucchese e il cuore della bonifica di Bientina è custode di un patrimonio archeologico eccezionale per la possibilità che offre di cogliere tutte le successive fasi di insediamento (antico, medievale, rinascimentale, moderno) in relazione con il paesaggio e attraverso un ricco e diversificato insieme di testimonianze.
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