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PArCo Area archeologica di Poggio del Molino

L'area archeologica di Poggio del Molino si estende sui versanti settentrionale ed orientale di un promontorio che funge da spartiacque tra la spiaggia di Rimigliano a nord e il Golfo di Baratti a sud, al confine settentrionale del comune di Piombino, provincia di Livorno. Gli edifici di Età romana sorgono su un pianoro posto ad una quota di circa 20 m s.l.m. che domina, a occidente, il tratto di mare compreso tra San Vincenzo e l'Isola d'Elba e, a oriente, le colline metallifere del campigliese e la pianura lagunare. La cima del colle è occupata dalla suggestiva Villa del Barone, costruita nel 1923 dal Barone Luigi De Stefano e Assunta Vanni Desideri, figlia di Eugenio. Il Museo Archeologico del territorio di Populonia a Piombino ospita una sezione dedicata alla Villa di Poggio del Molino, nella quale è esposta una selezione dei materiali raccolti durante gli scavi degli anni ‘80.
Da una carta cinquecentesca, la “Bandita di Porto Baratti”, e da documenti d'archivio si evince che il Poggio deve il suo nome alla “Torre nuova del molino”, l'edificio di avvistamento e difesa costiera fatto costruire alle pendici del promontorio da Cosimo I dei Medici nella prima metà del XVI secolo. Il Poggio del Molino è stato frequentato e abitato fin da epoca preistorica, come dimostrano alcuni manufatti litici del Paleolitico Medio e Superiore rinvenuti presso la Villa del Barone, sul versante orientale e meridionale del promontorio. Sul medesimo versante fiorì un villaggio di notevole estensione riferibile al Bronzo Finale (XI-X secolo a. C.) a cui era collegata una necropoli, nell'area compresa tra la moderna Villa del Barone e il Poggio S. Leonardo, da cui provengono una cinquantina di ossuari di forma globulare e biconica, riferibili alla facies protovillanoviana. La comunità di Poggio del Molino appare dedita oltre che all'allevamento, alla caccia e all'agricoltura, alla pesca d'altura e alla raccolta dei molluschi marini. A partire dall'inizio dell'Età del Ferro la popolazione tende a concentrarsi attorno al Golfo di Baratti e il Poggio del Molino sembra essere disabitato almeno fino all'Età repubblicana. Nel corso del I secolo a. C., in concomitanza con il progressivo abbandono del centro urbano di Populonia, tornano ad infittirsi le testimonianze archeologiche nei territori a nord di Baratti. Un'ipotesi interpretativa di questa fase storica sostiene che il sito avesse la funzione di fortezza difensiva contro la minaccia dei pirati (per affrontare la quale fu promulgata, nel 67 a. C., la Lex Gabinia. Sul finire del II secolo d. C. l'insediamento di Poggio del Molino viene completamente ristrutturato: all'interno del poderoso muro viene costruita una villa con i caratteri di una residenza di lusso. Agli inizi del IV secolo gli ambienti del complesso, sebbene fatiscenti, appaiono rioccupati: ma la vita si svolge ora in piccoli vani poveramente edificati sui crolli del quartiere termale o addirittura tra le rovine degli ambienti di rappresentanza non più ricostruiti, che certo non offrono più i lussi di una residenza urbana. È in questo momento che viene avviata una produzione di manufatti in ferro, probabilmente destinata unicamente all'autoconsumo. Ceramica da cucina, terra sigillata e lucerne di produzione africana testimoniano la continuità di occupazione fino alla fine del IV secolo, prima del parziale abbandono, forse in seguito dall'invasione dei Visigoti. Ancora alla metà del V secolo, una semplice sepoltura a fossa viene scavata nel cumulo di macerie di uno degli ambienti degli hospitalia, intaccandone il pavimento a mosaico. Nel VII secolo, all'epoca della conquista longobarda, le rovine della villa offriranno rifugio occasionale a isolati gruppi sporadici di pastori o profughi. Le prime ricognizioni sistematiche sul Poggio del Molino furono condotte agli inizi degli anni Settanta dai volontari dell'Associazione Archeologica Piombinese; il loro intervento permise di chiarire l'entità del sito archeologico e di segnalare le ripetute azioni distruttive dei clandestini. Tra il 1984 e il 1988 un'équipe dell'Università di Firenze, diretta dal Professor Vincenzo Saladino, intraprese il primo scavo sistematico della villa. Dopo vent'anni di interruzione, dal 2008 è stata avviata una nuova stagione di scavi archeologici nell'ambito di un progetto di ricerca diretto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana in collaborazione con l'Università di Firenze, e coordinato sul campo da un'équipe di archeologi che afferiscono al Progetto Archeodig, supportato da Earthwatch Institute e dall'Associazione Culturale Past in Progress.
Piombino
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  • Località Sant'Albinia, 57025 Piombino LI

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